*la verità, vi prego,sull'amore*

*la verità, vi prego,sull'amore*
*stelle tra i pensiei ingarbugliati*

mercoledì 29 ottobre 2008

amore oro!

Un amore dolce e fragile, un bacio senza sospiro e sospiri che aspettano.
Labbra dolci e rosse, carnose.
Ventagli, da dove si affacciano sguardi, occhi d’orati che scrutano e stanno in silenzio, fino ad un bagliore, che sussulta il cuore.
Musica che si eleva, festa, fatta di maschere e di sogni perduti, tra vestiti e coriandoli, due anime in cerca di se stesse, amore mai nato e già vissuto. Amore dolce come miele e struggente come un’eco tra le montagne.
Mani che si cercano, donne e uomini che diventano labirinto per gli amanti e calamite dello stesso polo, vana sembra la speranza, e i due cuori diventano pesanti, lacrime si mischiano alle stelle riflesse nelle pozzanghere del temporale che s’annuncia, lampi chiamano tuoni, la voce di lei innalza al cielo il nome del suo amore trafiggendo il boato che dal cielo riecheggia su questa povera terra che verrà dissetata, lasciando le fragili carni in un deserto senza oasi.
Chi verrà a portare voce amica? Chi si farà veste di tanta dolcezza?
Mai s’erano viste stelle tanto avverse .
Nel vagare tra i boschi illuminati da lucciole le ginocchia di lui, sono intorpidite dal dolore, di non avere una via che le conduce, le nubi coprono gli astri; e lui è un mercante di spezie in mezzo al mare, in questa notte insulsa, in cui, probabilmente la regina delle fate in collera con Oberon condanna tutti gli uomini lasciandoli dispersi, lontani dal loro amore.
“Per mani fatate dunque, lei non sarà mia? per ciò di cui non ho colpa non potrò riavere i suoi occhi e assaggiare le sue labbra? correrei insieme al vento per arrivare da lei, ma strani sortilegi mi lasciano immobile come una statua, e i piedi miei non azzardano passi più veloci di mille passi d’una formica oh! acqua scendi, mescola e te questo mio corpo, lasciami diventare cascata e scivolare da lei, così che io possa almeno sciacquarle il viso dalle pene e sfiorarla ancora una volta, se così non sarà allora innaffiami come se dovessi mettere radici in questo bosco. ”
Parole volarono come falchi insieme al vento, a lei, dolce figura vestita di fili d’orati tessuti dalle fate il cuore le si tuffò dal petto alla gola come un boccone troppo amaro “oh! Amore non voglio essere io Dafne, tu certo sei il mio Apollo ma sarebbe una fine ingiusta ed io non posso vivere senza il sangue che ti colora le labbra e senza la luce che lambisce i tuoi occhi, vieni da me perché questo mio corpo sembra essersi dimenticato chi lo guida, e non ho ali che mi trasportino se no ascoltami! già esistevo tra le tue braccia.”
La musica della festa lascia pian piano il suo posto al silenzio della pioggia che cade, in un crescendo di note, cade su ogni cosa, su foglie, erba e terra sui capelli mossi di lui seguendo il profilo del viso, scivolando tra le vene delle braccia stanche, appoggiate alla corteccia d’un albero diventando una cosa sola con essa, scende l’acqua da tutto se stesso e cade a terra insieme alle sue lacrime, il corpo immobile, intorno a lui c’è solo il viso di lei, che non ha nome, che profuma d’inizio estate e della sua fine.
Quale legge ha scritto in sé l’amore? Chi ebbe tale fortuna da riuscire a tramutarlo in parole? Solo colui che ne fu travolto o avvelenato può averne conosciuto il linguaggio, se veramente ne esiste alcuno.
Amore oro e diamante nato da stelle cadenti e da alito Divino, bacio inconsapevole della bellezza assoluta, contraddizione di ogni atomo, esistenza di cui dissetarsi dolce e infinito come il nettare degli dei; chi di te scrive ha mani insaziate del tuo essere e chi di te non parla ha labbra soggiogate dal tuo esistere o dal tuo fiele.

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